Contro il suffragio universale

Bossi impone il figlio in regione. Caligola era stato più discreto.
[spinoza.it]

Ebbene sì. Sono ormai contrario al suffragio universale, sia per l’elettorato attivo che per quello passivo. Come minimo per due ragioni:

  1. Elettorato passivo
    Ormai servono una laurea e la fedina penale pulita per fare quasi qualsiasi cosa. Non sto a fare esempi, ne trovate a montagne in internet. Non vedo proprio perché, invece, possano essere eletti cani e porci. Vero è che ormai una laurea non si nega a nessuno. Ragione di più per averla.
  2. Elettorato attivo
    Il suffragio universale è stato una bella idea, ma ormai il potere dei media è tale da mettere in dubbio l’idea di “libera espressione di volontà” da parte dell’elettore. Attualmente anche chi non capisce un cazzo di niente può esprimere la propria opinione su chi deve guidare lo stato. Se la stessa cosa si facesse per il CT della nazionale di calcio sarebbe uno scandalo.
    Propongo quindi un patentino per ottenere il diritto di voto mediante il quale si accerti che l’elettore abbia almeno una vaga idea di cosa sta facendo. Tale patentino si potrebbe conseguire mediante un banale test a crocette con domande basilari tipo:
    Chi fa le leggi?

    1. il Presidente della Repubblica
    2. il Parlamento
    3. Il Governo

    E non ditemi che è complicato. Basta delegare il tutto ad un software in un ufficio comunale.
    Se ognuno di noi, anche il più illetterato, dedica qualche ora della propria vita allo studio dei quiz per ottenere la patente di guida, non vedo perché non dovremmo dedicare lo stesso tempo allo studio di un libretto distribuito gratuitamente.

iMussolini

iMussoliniChe cosa sia l’Italia oggi si può anche dedurre anche dal fatto che una applicazione su iPhone che contiene clips audio, video e testi di 100 discorsi del dittatore è stata la più scaricata nel nostro paese nel breve tempo in cui era disponibile, raggiungendo il 2° posto nella classifica del software iPhone in Italia.

L’applicazione è stata rimossa grazie all’intervento dell’istituto che possiede i diritti sul video e l’audio. La minaccia di una causa per violazione di copyright è servita ad indurre il suo creatore, tale Luigi Marino, 25 anni, di Napoli, a ritirarla.

Se ne parla anche sulla stampa estera (NY Times, BBC News), oltre che su quella locale (Corriere).

Berlusconi on Photoshop Disasters

Il nostro elegante commander-in-chief è finito sul popolare Photoshop Disasters per una serie di immagini malamente e dilettantisticamente ritoccate tratte dal libro Noi amiamo Silvio edito da Peruzzo.

Nella fattispecie si vede una foto in cui pezzi di folla sono stati chiaramente duplicati al fine di far apparire più gente intenta ad osannare il nostro. Anche il mazzo di fiori è disegnato gran male. In realtà è probabile che questa immagine sia il montaggio di tre foto: Berlusconi, la folla, piazza Duomo. Il fatto che la menzogna sia utilizzata come normale strumento di propaganda dovrebbe far pensare.

Qui l’immagine ingrandita.

Il commento di Photoshop Disasters:

Oh Silvio. I have no problem with your mafia connections, your masonic lodge business, the tax fraud, the false accounting, the bribing of judges, embezzlement, seducing young girls, etc. We all do that kind of thing. But when you start pumping up your crowds with Photoshop you cross the line, mister.

berlusconi on photoshop disaster

Strage di cervelli

Che la situazione italiana della ricerca non sia mai stata ottimale lo si sapeva ma, secondo questo articolo di Repubblica, che fa il paio con la lettera pubblica di Pier Luigi Celli, direttore della Luiss, al figlio, siamo ormai oltre lo sbando.

Alcuni estratti:

Questa non è una fuga di talenti, questa è una sottrazione di cervelli. Una rinuncia al futuro. Perché c’è in atto una decimazione silenziosa di ingegneri, tecnici, ricercatori. Produttori di conoscenze, di innovazione, di ricchezza immateriale nella presunta epoca del post-industrialismo. In questo terribile 2009 sono saltati quasi 20 mila posti di lavoro nell’information technology, dove si concentra, tra gli addetti, la più alta percentuale di laureati rispetto agli altri settori: il 30 per cento.

Sono un pezzo importante di quei colletti bianchi creativi così decisivi nel far decollare, solo qualche anno fa, il nostro “quarto capitalismo” di medie imprese internazionalizzate, quando ancora non si immaginava la tempesta dei sub-prime. Ora i nostri “cervelli” sono diventati esuberi.

….

E si spiega così che l’Italia si collochi al penultimo posto in Europa in quanto a incidenza dei lavoratori creativi (ingegneri, architetti, matematici, medici e altre professioni molto qualificate) sul totale della forza lavoro: siamo al 9 per cento contro il 18-20 per cento dei paesi del nord Europa come Belgio, Svezia, Irlanda, o il 13-14 per cento dei paesi dell’Europa centrale e meridionale come Germania, Spagna e Grecia. Difficile pensare di vincere le prossime sfide globali schierando solo le nostre, un tempo dinamiche, piccole imprese. Ci vuole di più. Più di quel nostro uno per cento di Pil destinato alla ricerca, pari a circa la metà di quel che investono mediamente dell’Europa a 15, ma addirittura un terzo di quanto indirizzano il Giappone e la stessa Corea del Sud, e un quarto di quanto fanno Finlandia e Svezia.

Sostiene Carlo Dell’Aringa, professore di economia politica alla Cattolica di Milano: “E’ scontato che la crisi porterà con sé un impoverimento della capacità produttiva. Molte aziende marginali, soprattutto nel tessile e nel metalmeccanico, finiranno per essere tagliate via. Per questo bisogna decidere di sostenere i settori più promettenti. Riscoprire una politica industriale dei settori (la biomedica, le nanotecnologie, l’ambiente) più che dei fattori (il costo del lavoro, l’accesso al credito, la sburocratizzazione)”. Il caso della banda larga, però, parla da solo e racconta di un’altra storia: di un investimento complessivo pari alla metà di quello stanziato dalla Grecia e di 800 milioni subito bloccati dal Cipe. Parla di un sistema rimasto nella rete del Novecento.

The biggest storm of the year

Some beautiful and frightening images of the storm that recently hit the Cornwell

storm in Cornwell

Shigeru Ban e il Conservatorio dell’Aquila

Qualcuno sa qualcosa di più di questa storia, di cui, per ovvii motivi, si parla poco?

Da Il Capoluogo.com del 4/11/2009

Dal prestigioso Auditorium di “carta” del grande architetto giapponese di fama internazionale Shigeru Ban ai MUSP di una ditta di carpenteria metallica: storia di un progetto per il Conservatorio dell’Aquila che “non s’ha da fare”…

La vicenda è pressoché nota. Ma riassumiamola, con dovizia di particolari. All’indomani di un’immane tragedia che ha distrutto una città e sconvolto la vita di migliaia di persone, un illustre architetto giapponese – per la precisione – Shigeru Ban (uno dei progettisti delle torri gemelli, studio a Tokio, New York e Parigi, docente all’Università Key, membro del Voluntary Architecs Network) si interessa a L’Aquila (viene due volte l’11 giugno e il 12 agosto) ed elabora un disegno, che gli costerà diversi mesi di lavoro, per la riqualificazione della rimessa della ex metropolitana situata a Pettino, abbandonata e mai utilizzata. Il progetto, gratuito, realizzato da Ban con il suo Studio e il suo attuale team di collaboratori costituito da professionisti e docenti dell’Università dell’Aquila, di Genova, di Parma e di Perugia, oltre che da specialisti francesi e giapponesi, prevedeva una struttura all’avanguardia da donare al Conservatorio. Shigeru Ban è noto in tutto il mondo per utilizzare, nelle sue complesse architetture, materiali poveri come il legno, la carta, il cartone (da qui il nome Auditorium “di carta”) anche prodotti con processi di recupero e di riciclo. Per questo motivo ha operato con estrema efficacia in quei paesi devastati da eventi drammatici, come il terremoto appunto, in Giappone, nelle Filippine, in Turchia e in Cina.

Il punto focale del progetto prevedeva una Sala per Concerti capace di ospitare fino a 550 persone, tra pubblico e professori d’orchestra, con una superficie di circa 600 metri quadrati, definita da una curva perimetrale di colonne di cartone di varia sezione (era stata già individuata una ditta di Chieti per la fornitura dei casseri e il preventivo si aggirava sugli ottantamila euro) che ne avrebbero delimitato lo spazio. Le pareti, come anche il soffitto, erano state pensate in modo tale da garantire un perfetto isolamento acustico e termico, oltre che una barriera al fuoco. L’illuminotecnica era stata tarata a seconda delle esigenze: ogni aula avrebbe avuto un’illuminazione diversa. Accanto alla Sala Concerti era prevista la Sala Prove in forma ellittica (150 metri quadrati), inoltre una biblioteca di 145 metri quadrati, una sala di recitazione (60 metri quadrati), uno spazio per la terapia musicale (70 metri quadrati), uno spazio per il ricovero degli strumenti musicali (100 metri quadrati), una sala privata a servizio dell’orchestra (100 metri quadrati) e una superficie di circa 300 metri quadrati ad uso uffici per l’organizzazione e la gestione della didattica e delle iniziative culturali del Conservatorio di Musica. La realizzazione di questo complesso era stata definita per la fine di ottobre. Durante il G8 il primo ministro giapponese Taro Aso dona il modellino di plastica al nostro premier Silvio Berlusconi. La Protezione Civile indica, come somma approssimativa messa a disposizione per il Conservatorio dell’Aquila, sette milioni di euro.

Il progetto di Shigeru Ban costa cinque milioni e mezzo più IVA. Perfetto. Il 3 agosto viene espropriato il terreno per i lavori con tanto di targa. L’8 agosto viene bloccato tutto. Perché? Perché un progetto senza problemi economici, senza problemi tecnici, senza problemi strutturali e senza problemi inaugurali (per la cerimonia d’inaugurazione si sarebbe scomodato niente popò di meno che il giapponese Seiji Ozawa, uno dei massimi direttori d’orchestra al mondo) è stato buttato via così? Quante cose dette e poi negate…un mistero.

Il Direttore del Conservatorio Bruno Carioti chiede spiegazioni a Bertolaso e si dice preoccupato che un progetto di tale rilevanza, in grado di connubiare funzionalità e prestigio, sia stato accantonato per privilegiarne un altro che, quasi sicuramente, sarà di una normalissima ditta edile. Addirittura Renzo Piano telefona a Carioti per capire come sia stato possibile rifiutare un’opportunità del genere.

La Protezione Civile replica che non si è ancora deciso nulla e in data 11 settembre 2009 indice un Bando di gara – si legge nel sito – “per la selezione di operatori economici ai quali affidare la progettazione, i lavori, la fornitura, il trasporto e la posa in opera di Moduli Provvisori ad Uso Scolastico (MUSP) per il Conservatorio A. Casella dell’Aquila”. Risponderanno in quindici. Il 22 settembre si conclude la procedura. All’apertura delle buste vince una ditta per un ribasso anomalo. La Protezione Civile si insospettisce e, dopo ulteriori approfondimenti, conferma l’aggiudicazione dell’appalto. A Collesapone i lavori per i MUSP del Conservatorio partono il 15 ottobre; dovrebbero finire per il mese di novembre.

Ma perché si è preferito un progetto qualsiasi al progetto di Shigeru Ban? Perché? Lo chiediamo al Capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, lo chiediamo al Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, lo chiediamo a chiunque sia in grado di fornirci una risposta. Soddisfacente. Intanto speriamo che la faccenda non si concluda qua, speriamo che il governo giapponese insista, speriamo che il governo italiano, Bertolaso e Cialente si interessino a far sì che qualcosa si smuova, speriamo che sia stato un errore, anzi un brutto sogno. Speriamo che l’Italia non faccia questa brutta figura e che L’Aquila e gli aquilani non si debbano accontentare solo un prefabbricato. Noi del Capoluogo.it lo speriamo. Noi, insieme a molti aquilani, ancora speriamo. Dopotutto domani è un altro giorno.

di Eleonora Egizi

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ANSA ore 12,44
TERREMOTO: L’AQUILA; STOP A SALA CONCERTI GIAPPONESE, STAMPA

(ANSA) – TOKYO, 4 NOV – Il progetto di costruzione di una sala concerti all’Aquila, che doveva essere finanziata per metà dal Giappone nell’ambito degli aiuti internazionali di ricostruzione post terremoto, è stato sospeso per mancanza di fondi e rischia di creare frizioni tra Roma e Tokyo. Lo riferisce lo Yomiuri Shimbun, il più diffuso quotidiano del Sol Levante con più di 12 milioni di copie nella sola edizione del mattino, nella corrispondenza da Roma di Kazuki Mazuhara (“assistenza giapponese sospesa unilateralmente”). Il progetto, illustrato lo scorso luglio dall’ex premier nipponico Taro Aso al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in occasione del summit del G8, prevedeva la realizzazione in due mesi di una sala concerti innovativa, soprattutto per l’uso di cartone compresso, dell’architetto giapponese, Shigeru Ban. Il costo, in particolare, era ipotizzato in un milione di euro, di cui la metà a carico del governo nipponico e l’altra coperta con la raccolta di fondi. Stime italiane, invece, ipotizzano, considerando le infrastrutture accessorie (parcheggi e viabilità), costi per circa 3,6 milioni di euro. “Manca il budget”, è il commento dei responsabili per la ricostruzione post terremoto, riferisce il quotidiano nipponico. “La sospensione è fuori dal senso comune della diplomazia perché si tratta di una cosa decisa tra i capi di governo dei due Paesi”, è il commento dell’ambasciatore giapponese a Roma, Hiroyasu Ando.

ANSA ore 13,23
TERREMOTO: PROT. CIVILE, DONAZIONE TOKIO POCO PER AUDITORIUM – BERTOLASO VEDRA’ AMBASCIATORE GIAPPONESE PER SCELTA ALTRA OPERA

L’Auditorium dell’Aquila non si farà, o almeno non è possibile in questo momento e si dovrà trovare un accordo per far confluire su un’altra opera la donazione del governo giapponese. Lo confermano fonti della protezione civile nazionale, interpellate dall’ANSA a proposito della notizia pubblicata da un giornale giapponese, Yomiuri Shimbun, che lamentava lo stop all’opera al quale il governo di Tokio intendeva partecipare con una donazione di 500 mila euro e un progetto firmato dall’architetto Shigeru Ban. “L’Auditorium – spiegano le fonti della Protezione civile – costerebbe chiavi in mano 4 milioni di euro. Il problema è che per attuare tutte le opere nel territorio stiamo procedendo attraverso gare di appalto. E questo ovviamente non sarebbe possibile farlo per un’opera già progettata. Dovremmo procedere attraverso assegnazione diretta, ma questo noi stiamo cercando sempre di evitarlo. Non potendo procedere ad assegnazione tramite gara, servirebbero ulteriori finanziamenti. I 500mila euro offerti dal governo nipponico sono insufficienti”. Quindi l’opera non si farà? “No, al momento non è possibile. Bertolaso – annunciano le stesse fonti – ha già preso appuntamento per la prossima settimana con l’ambasciatore giapponese per trovare una soluzione alternativa che consenta con la donazione nipponica di realizzare un’opera completa”.(ANSA)

Saviano

Per una volta la TV serve a qualcosa. E non è vero che non c’entra con questo blog perché questa è una storia estrema. Ed è una storia di cui non ci libereremo mai. Perché per liberarsene bisogna che la politica lo voglia e che la maggior parte del paese lo voglia. E non è così.

Viaggio in Ucraina… [1]

,,, non per parafrasare Goethe, ma perché questo è quello che è. Un viaggio in auto di due musicisti, l’uno italiano, l’altro ucraino per tenere una serie di concerti sia in duo (violino e pianoforte) che come solisti, in un paese, l’Ucraina, politicamente e geograficamente ai confini della UE, ma anche il più esteso in Europa dopo la Russia. Una distesa infinita solcata da grandi e lenti fiumi, in cui solo i Carpazi danno una pallida idea di montagna (2000 m). Un paese vecchio e nuovo nello stesso tempo, molto più vecchio e molto più nuovo di noi.
Vi mandiamo queste note di viaggio così come ci sono arrivate, rubate ai tempi del sonno, delle prove e della guida, inviate sporadicamente da un internet café, dall’albergo, dalla rete di qualcun altro.
[Mauro]

Ogni cosa è (comunque) illuminata.

La strada sembra infinita, verso l’Ucraina. In verità è una lunghezza astratta, risultato della somma di due confini. O solo del confine tangibile che ancora impregna l’immagine collettiva di un aldilà, il territorio liminare post-post sovietico. Poco più di mille chilometri, passando attraverso l’Austria (alla dogana un orologio fermo, ma le lancette sono innocentemente occultate dietro il nastro adesivo) e l’Ungheria, dove ci accodiamo, per far prima, ad un furgone di instancabili ucraini che fa la spola due volte alla settimana tra l’Italia e l’Ucraina. Tagliamo così per il centro di Budapest, che ci sfavilla davanti agli occhi, mentre una Ferrari ci romba alle spalle.
Il passaggio alla dogana ucraina, ci riserva, però, il colpo di scena, che ci riporta al di qua, dietro quel confine, che poi, in fin dei conti, non è così astratto. Il kontroll si sofferma sui violini che ci portiamo in viaggio. Essi, loro malgrado, non hanno certificato di proprietà e sono, secondo il rigido ed inflessibile ragionamento della guardia – ovvero materialisticamente parlando – merce di contrabbando. Non ci resta che tornare a Kisvarda, ultima città ungherese, mangiare qualcosa e pensare al domani.

E sull’Ucraina scese la notte.

Passata la lingua dolcemente montagnosa dei Carpazi, la strada che porta da Uzgorod a Ternopil è fra le più tremende che si possano percorrere. Qui, in teoria, passa il corridoio 8 [dovrebbe essere il corridoio 5; nota mia], che congiunge Kiev al resto d’Europa. Sulla carta la strada è segnata come misnarodni, cioè internazionale. Ovvero autostrada. Ma la velocità media che si riesce a percorrere è di circa 50 km orari. Sembra che la terra, in questo tratto lungo quasi 200 Km, abbia riversato le sue rughe, flagellando la strada con una varietà infinitesimale di buche, cunette, sterrati. A volte mancano le righe di segnalazione e, al buio, sembra di percorrere un corridoio senza uscita. Già il buio. Appena scende l’oscurità nulla più si riconosce, neanche gli orribili qvartiri, o le tradizionali isbe, case basse disseminate sulla strada. Nemmeno le chiese lignee, che di giorno, nuovamente, fanno luccicare le cupole argentee o dorate. Di fatto ogni paese che si incontra è immerso totalmente nel buio. Nessuna luce sulla strada, nessun palazzo illuminato. Solo qualche umile finestra, che lascia trapelare insieme alla vita un colore rosso rapa, come il borsch. E allora appaiono, come anime sperdute, le faccie stravolte di giovanotti color della terra che guidano carri trainati da cavalli e che sbuffano sigarette, ucraini che aspettano, avvolti da una sinistra ma abituale oscurità, il passaggio di un sudicio autubus. L’ Ucraina è buia, al calar della notte. E nera come la pece.

Welcome to Hotel Ruta

ternopilMedova ulica significa via del miele. In questa via sfracellata di Ternopil si trova l’Hotel Ruta, di stile eminentemente sovietico. Oggi rimangono le pareti, come ingiallite dai neon, e quell’odore di polvere e di vecchio, inconfondibile, di un paese al quale non resta che lasciar consumare gli oggetti che appartengono al proprio passato. L’acqua calda è disponibile dalle 19 alle 23 di sera: il direttore dell’albergo dice che è cosi per tutta la città di Ternopil. Il teatro filarmonico è in pieno remont, come dicono qui. Si dice che siano arrivati un pò soldi dal ministero e che per questo alcune filarmonie dell’Ucraina abbiano deciso di interrompere la programmazione. Ci sono i soldi per rifare i teatri, ma non per le orchestre. Meglio di niente.
Per il resto Ternopil è una città che ha qualcosa di balcanico, con un piccolo lago sul quale si affaccia un facsimile di tempio greco, dove è insediato il Maxim, il locale notturno più trendy della città, mentre le vecchie case rivelano un centro storico centro vitale come i brulichii transiberiani dei racconti di Checov. La cena riserva un autentico spaccato di vita ucraina: tavoli imbanditi in un sotterraneo illuminato con luci stroboscopiche e vecchie canzoni ri-mixate in stile nazionale (tra le quali anche la colonna sonora di un film con Bo Derek – Paradise ? ). Donne coi capelli lunghi e uomini rigorosamente con taglio corto. Stile nuovi russi. E vodka, vodka a fiumi.

Continua…

Europeana

L’Unione Europea sta creando un immenso backup digitale della civilizzazione europea sotto forma di una enciclopiedia online chiamata Europeana. Il progetto mira a digitalizzare tulle le librerie nazionali del continente, i musei e gli archivi e conterrà libri, foto, mappe, quadri, audio e film, tutti accessibili senza alcuna sottoscrizione.

Il progetto, che è partito nel luglio 2007, sarà aperto al pubblico, sotto forma di prototipo, il 20 novembre con i contenuti già acquisiti, cioè 2.000.000 di oggetti digitali provenienti dai materiali già digitalizzati da musei, biblioteche, archivi e collezioni audio-visuali delle varie nazioni. L’intenzione è di arrivare a 6.000.000 di oggetti entro il 2010.

Per ora il sito è in tre lingue (inglese, francese, tedesco), ma ne saranno aggiunte altre. Una cosa che mi ha lasciato un po’ perplesso è il fatto che nelle pagine del sito non mai trovato la parola “musica”, ma solo “audio-visual collections”. Ho mandato una mail per saperne di più. Vedremo.

Ville Lumière

Guardate questa immagine trovata su wikipedia. Cliccatela per ingrandirla.

Una città che ho amato molto in un certo periodo della mia vita. Non a caso la chiamano Ville Lumière.