Reverberation as music

A singer within the St. John’s Baptistery, in Piazza dei Miracoli (Pisa, Italy), uses the acoustic qualities of the architecture to turn a mono-melody into harmony.

The reverberation time of the Baptistery can reach up to 15 seconds, offering a vast space of time to handle sustained notes, so a single singer can create harmony superimposing new notes on the reverberation of the previous ones.

A composition written for the Baptistery in Pisa is Ian Costabile’s Earth and Sky Voices (here on You Tube). There is also an electroacoustic composition: SiderisVox by Leonardo Tarabella performend here on 2006. You can find some notes here. Unfortunately I could not find an audio extract.

Some details about the video: the tourist speaking thinks that singer has come by chance, but he does not know that acoustics demonstrations are very frequent. He also speak about “echo”, but of course the correct name of the sound effect is reverberation.

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I tempi sono cambiati

Bologna. Il 23 giugno del 1643, su richiesta dei professori e studenti dell’Università fu avanzata al Comune una perentoria protesta affinché fosse fatto divieto al transito per i carri attorno all’Archiginnasio per consentire agli studenti di studiare nel dovuto silenzio. L’istanza fu accolta.
[Tratto da Sounday Times, Il rumore e la città – considerazioni sul convegno la città nel rumore il rumore nella città]

Questo non per fare un elogio dei bei tempi andati, ma solo per sorridere un po’ 🙂 . In fondo parliamo di quasi 400 anni fa.

Abbiamo più auto degli USA

Ogni tanto, spulciando le statistiche, saltano fuori cose che non immaginavo (almeno io; non so voi).

Dunque, secondo Wikipedia, la nazione che ha il più alto numero di auto pro capite è gli USA con una media di 812 ogni 1000 abitanti, preceduta solo dal Principato di Monaco, il che è comprensibile, visto che si tratta di uno stato con circa 35.000 abitanti tutti piuttosto danarosi. La statistica, in realtà, si riferisce ai veicoli a motore, puntualizzando che “include automobiles, SUVs, vans, and commercial vehicles; and exclude motorcycles and other motorized two-wheelers” (vedi qui). Notate che questi dati includono i veicoli commerciali cioè bus e minibus con più di 9 posti (incluso l’autista), camion, furgoni adibiti al trasporto cose e (probabilmente) taxi (dati mediamente del 2010).

Già in questa lista, l’Italia si piazza ad un molto onorevole (??) decimo posto, ed è prima in Europa con 690/1000, se si escludono Monaco, Liechtenstein, Lussemburgo (tutti stati minimali come popolazione) e Islanda che comunque ha 320.000 abitanti, come una media città.

Se, però, si vanno a vedere le analoghe statistiche della Banca Mondiale (aggiornate al 2009), si nota che le posizioni sostanzialmente non cambiano se si includono i veicoli commerciali, ma cambiano se si escludono questi ultimi e si considerano solo i veicoli che potremmo chiamare personali. In questo caso gli USA precipitano e l’Italia è preceduta solo da Monaco, Lussemburgo, Islanda e Nuova Zelanda. Siamo il primo stato europeo e praticamente il primo nel mondo per numero di autoveicoli personali (esclusi quelli commerciali e le moto), almeno fra le nazioni con una certa densità abitativa (la Nuova Zelanda ha solo 4 milioni e mezzo di abitanti).

Ecco un grafico che mostra la nostra posizione in Europa. In vert. il numero di auto pro capite, in oriz. gli anni. Fonte: tutti i veicoli; solo passeggeri.

Auto pro capite

Lasciamo indietro tutti di gran lunga, il che mi colpisce, se pensiamo che da noi il mantenimento dell’auto (benzina e assicurazione in primis) è il più alto d’Europa e fra i più alti nel mondo. Farebbe pensare a un paese con un reddito pro capite altrettanto alto, ma sappiamo che non è così.

Ovviamente mi vengono in mente le quasi inesistenti politiche di trasporto pubblico del nostro paese (vivo in quartiere in cui passa un autobus ogni 30 minuti e ogni 60 dopo le 20) che praticamente ci obbligano ad avere un’auto. Il bello è che io lo considero un dato sostanzialmente negativo, ma senz’altro qualcuno lo vedrà come un segnale positivo.

Zeitgeist 2010

Google ha pubblicato il suo Zeitgeist 2010, lo spirito dei tempi desunto dalle parole introdotte nel suo motore di ricerca.

Se si guarda il segmento dedicato all’Italia, alcuni dei risultati sono:

Le parole più cercate in assoluto:

  1. facebook
  2. youtube
  3. libero
  4. meteo
  5. giochi
  6. streaming
  7. google
  8. yahoo
  9. corriere
  10. alice

I termini di crescente popolarità:

  1. chatroulette
  2. sarah scazzi
  3. stipendi pa
  4. waka waka
  5. mondiali 2010
  6. video mediaset
  7. il fatto quotidiano
  8. autoscout24
  9. megavideo
  10. google traduttore

I termini di crescente popolarità cercati tramite cellulari e smartphone

  1. ipad
  2. pietro taricone
  3. waka waka
  4. iphone 4
  5. mondiali 2010
  6. avatar
  7. ovi
  8. google traduttore
  9. sanremo
  10. classifica serie a

I termini economico-sociali

  1. manovra finanziaria 2010
  2. maturità 2010
  3. stipendi PA
  4. modulistica INPS
  5. prove invalsi
  6. pec
  7. agenzia delle entrate
  8. gdf
  9. servizio civile nazionale
  10. sportello immigrati

I termini più cercati associati alla parola “significato”

  1. bunga bunga
  2. kippah
  3. waka waka
  4. networking
  5. probiviri
  6. concussione
  7. bischero
  8. sarcasmo
  9. namasté
  10. shoah

Due osservazioni banali. Mi lascia un po’ perplesso il fatto che la gente vada su google per cercare “google”. Inoltre, mi sconvolge un po’ il fatto che la gente non conosca il significato di probiviri, concussione, sarcasmo e shoah.

Anche Yahoo ha pubblicato il proprio compendio che si intitola, più modestamente, “I Fatti dell’Anno“.

Addio banda larga

Di solito non mi occupo delle nefandezze governative, ma stavolta, visto che cosa riguarda internet, ve lo faccio sapere.

Secondo Punto Informatico, che cita Il Sole 24 Ore,

Il Ministero dello Sviluppo economico, ormai vacante da mesi e guidato ad interim dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e, di fatto, dal Viceministro della comunicazioni Paolo Romani, ha reso noto che gli attesi 800 milioni di euro, che sarebbero dovuti servire per dare il via alla riforma infrastrutturale per estendere la diffusione della banda larga in Italia, si sono ridotti a 100.


La nuova cifra accompagna la considerazione che la banda larga non rappresenti più una priorità per il governo, e lascia tutti gli osservatori insoddisfatti: sono ritenuti del tutto insufficienti per risolvere il problema del digital divide. Potrebbe addirittura acuirlo potendo agire solo su alcune zone, nello specifico alcuni distretti industriali individuati da Confindustria e dal Ministero e da attribuire su base regionale.

Ok. Di fatto significa anche acuire il divario informatico fra l’Italia e gli altri paesi d’Europa, con ricadute su altri settori. Per esempio, in Francia, da quando esiste l’obbligo della fatturazione elettronica (che arriva anche immediatamente nelle mani del fisco), l’evasione, già ben più bassa della nostra, si è ulteriormente ridotta e dove uno studio stima in 40 miliardi di euro il risparmio per le aziende, di cui uno solo attribuito alle 50 maggiori.

Ma, nell’articolo di Punto Informatico, la cosa che mi fa maggiormente incazzare è questa:

A rendere più grave la situazione, il fatto che sembrerebbe non esserci l’asta sulle frequenze lasciate libere a seguito del passaggio al digitale terrestre, che sono state invece in parte destinate dal Ministero dello Sviluppo Economico proprio al gruppo Mediaset per sperimentare nuove soluzioni in HD per la TV tradizionale.
Il tutto confermerebbe le accuse che ad agosto il Presidente dell’Agcom ha lanciato: un grave rischio per l’Italia, che sembra non voler salire sul treno della connessione.

Ma guarda un po’. Chi decide dove vanno a finire le frequenze? Il Ministero dello Sviluppo Economico. E chi ha in mano il suddetto ministero? Berlusconi, nonostante le lamentele di tutti e ad onta di premesse regolarmente non mantenute.

E cosa decide il suddetto ministero? Che intanto parte delle frequenze lasciate libere a seguito del passaggio al digitale terrestre vadano a finire a Mediaset. E di chi è Mediaset? Di Berlusconi. Ma che caso…

Ma, dannazione, forse con il Berlusca

  • guadagniamo di più? No.
  • abbiamo meno tasse? No.
  • abbiamo più lavoro? No.
  • abbiamo più libertà? No.
  • l’Italia vince i mondiali? No.

‘Cazzo aspetta la gente a svegliarsi?

The virtual tour of Sistine Chapel

Good for Easter day, the virtual tour of Sistine Chapel, a flash panorama where you can move in clicking two buttons on the lower left or moving the mouse and the wheel (click image to enlarge).

Contro il suffragio universale

Bossi impone il figlio in regione. Caligola era stato più discreto.
[spinoza.it]

Ebbene sì. Sono ormai contrario al suffragio universale, sia per l’elettorato attivo che per quello passivo. Come minimo per due ragioni:

  1. Elettorato passivo
    Ormai servono una laurea e la fedina penale pulita per fare quasi qualsiasi cosa. Non sto a fare esempi, ne trovate a montagne in internet. Non vedo proprio perché, invece, possano essere eletti cani e porci. Vero è che ormai una laurea non si nega a nessuno. Ragione di più per averla.
  2. Elettorato attivo
    Il suffragio universale è stato una bella idea, ma ormai il potere dei media è tale da mettere in dubbio l’idea di “libera espressione di volontà” da parte dell’elettore. Attualmente anche chi non capisce un cazzo di niente può esprimere la propria opinione su chi deve guidare lo stato. Se la stessa cosa si facesse per il CT della nazionale di calcio sarebbe uno scandalo.
    Propongo quindi un patentino per ottenere il diritto di voto mediante il quale si accerti che l’elettore abbia almeno una vaga idea di cosa sta facendo. Tale patentino si potrebbe conseguire mediante un banale test a crocette con domande basilari tipo:
    Chi fa le leggi?

    1. il Presidente della Repubblica
    2. il Parlamento
    3. Il Governo

    E non ditemi che è complicato. Basta delegare il tutto ad un software in un ufficio comunale.
    Se ognuno di noi, anche il più illetterato, dedica qualche ora della propria vita allo studio dei quiz per ottenere la patente di guida, non vedo perché non dovremmo dedicare lo stesso tempo allo studio di un libretto distribuito gratuitamente.

iMussolini

iMussoliniChe cosa sia l’Italia oggi si può anche dedurre anche dal fatto che una applicazione su iPhone che contiene clips audio, video e testi di 100 discorsi del dittatore è stata la più scaricata nel nostro paese nel breve tempo in cui era disponibile, raggiungendo il 2° posto nella classifica del software iPhone in Italia.

L’applicazione è stata rimossa grazie all’intervento dell’istituto che possiede i diritti sul video e l’audio. La minaccia di una causa per violazione di copyright è servita ad indurre il suo creatore, tale Luigi Marino, 25 anni, di Napoli, a ritirarla.

Se ne parla anche sulla stampa estera (NY Times, BBC News), oltre che su quella locale (Corriere).

Berlusconi on Photoshop Disasters

Il nostro elegante commander-in-chief è finito sul popolare Photoshop Disasters per una serie di immagini malamente e dilettantisticamente ritoccate tratte dal libro Noi amiamo Silvio edito da Peruzzo.

Nella fattispecie si vede una foto in cui pezzi di folla sono stati chiaramente duplicati al fine di far apparire più gente intenta ad osannare il nostro. Anche il mazzo di fiori è disegnato gran male. In realtà è probabile che questa immagine sia il montaggio di tre foto: Berlusconi, la folla, piazza Duomo. Il fatto che la menzogna sia utilizzata come normale strumento di propaganda dovrebbe far pensare.

Qui l’immagine ingrandita.

Il commento di Photoshop Disasters:

Oh Silvio. I have no problem with your mafia connections, your masonic lodge business, the tax fraud, the false accounting, the bribing of judges, embezzlement, seducing young girls, etc. We all do that kind of thing. But when you start pumping up your crowds with Photoshop you cross the line, mister.

berlusconi on photoshop disaster

Strage di cervelli

Che la situazione italiana della ricerca non sia mai stata ottimale lo si sapeva ma, secondo questo articolo di Repubblica, che fa il paio con la lettera pubblica di Pier Luigi Celli, direttore della Luiss, al figlio, siamo ormai oltre lo sbando.

Alcuni estratti:

Questa non è una fuga di talenti, questa è una sottrazione di cervelli. Una rinuncia al futuro. Perché c’è in atto una decimazione silenziosa di ingegneri, tecnici, ricercatori. Produttori di conoscenze, di innovazione, di ricchezza immateriale nella presunta epoca del post-industrialismo. In questo terribile 2009 sono saltati quasi 20 mila posti di lavoro nell’information technology, dove si concentra, tra gli addetti, la più alta percentuale di laureati rispetto agli altri settori: il 30 per cento.

Sono un pezzo importante di quei colletti bianchi creativi così decisivi nel far decollare, solo qualche anno fa, il nostro “quarto capitalismo” di medie imprese internazionalizzate, quando ancora non si immaginava la tempesta dei sub-prime. Ora i nostri “cervelli” sono diventati esuberi.

….

E si spiega così che l’Italia si collochi al penultimo posto in Europa in quanto a incidenza dei lavoratori creativi (ingegneri, architetti, matematici, medici e altre professioni molto qualificate) sul totale della forza lavoro: siamo al 9 per cento contro il 18-20 per cento dei paesi del nord Europa come Belgio, Svezia, Irlanda, o il 13-14 per cento dei paesi dell’Europa centrale e meridionale come Germania, Spagna e Grecia. Difficile pensare di vincere le prossime sfide globali schierando solo le nostre, un tempo dinamiche, piccole imprese. Ci vuole di più. Più di quel nostro uno per cento di Pil destinato alla ricerca, pari a circa la metà di quel che investono mediamente dell’Europa a 15, ma addirittura un terzo di quanto indirizzano il Giappone e la stessa Corea del Sud, e un quarto di quanto fanno Finlandia e Svezia.

Sostiene Carlo Dell’Aringa, professore di economia politica alla Cattolica di Milano: “E’ scontato che la crisi porterà con sé un impoverimento della capacità produttiva. Molte aziende marginali, soprattutto nel tessile e nel metalmeccanico, finiranno per essere tagliate via. Per questo bisogna decidere di sostenere i settori più promettenti. Riscoprire una politica industriale dei settori (la biomedica, le nanotecnologie, l’ambiente) più che dei fattori (il costo del lavoro, l’accesso al credito, la sburocratizzazione)”. Il caso della banda larga, però, parla da solo e racconta di un’altra storia: di un investimento complessivo pari alla metà di quello stanziato dalla Grecia e di 800 milioni subito bloccati dal Cipe. Parla di un sistema rimasto nella rete del Novecento.