Lost Elevator Programs

Brent & Ryan Hibbett, the alchemical duo behind the Gutta Percha moniker, returns with yet another amazing and much wanted new production, entitled ‘Lost Elevator Programs’. This new album is an eeringly interesting and somewhat unorthodox new approach to the ‘muzak’ concept and ideology.

From the artists’ liner notes:

This album offers four tracks, each in the streamed “medley” form of commercial music programming, for both historical and imagined elevators. Just as one, encapsulated within elevator walls, travels blindly under the illusion of stasis, the aesthetic is a drifting one, moving even through repetition in unpredictable directions. It also intends to offer the strange blend of comfort and uncertainty experienced by early elevator riders, whose distrust of the newfound contraption businesses tried to offset with streams of innocuous, piped-in tunes. Toward these ends, we’ve looped, filtered, and otherwise manipulated obscure bits of instrumental music, and infused them with found sounds and additional instrumentation.

Free download from Test Tube site.

Excerpt:

Program I: For King Louis’ flying chair

Organ of qwerty

Distant SeasTreasury of curiosities’ is a dream-state wandering through a sonic wunderkammer, a collection of curios, oddities, freaks, gems, and objects of wonder and beauty, a display intended to provide access to non-familiar listening experiences. Although divided into separate tracks, it is meant to be listened to as one continuous piece.

This is the work from the mind of John Hanes (composing, percussion) who is also a drummer when he’s not making electronic music. He also had the help of friends Cary Sheldon (voice) and John Schott (guitar) to produce this disconcerting and amusing album.

[notes from test tube]

Free download from Test Tube site.

Excerpt:

Distant Seas

Esplorando Julien Bayle

Sto esplorando alcune produzioni di Julien Bayle (aka Protofuse). Abbastanza giovane (b. 1976, Marsiglia). Studi di biologia, informatica, forse musica. In quest’ultima spazia dalla techno all’ambient. In effetti ha iniziato come DJ Techno per passare, poi, ad Ableton, Max for Live e Max6 [notizie da wikipedia]. Si occupa anche di installazioni audio-visuali via Max + Jitter.

Ecco un lungo brano che mi è piaciuto ascoltare: Ambient Atmosphere on Air live online Nov. 30 2012 (peraltro, interessante idea quella del live online). NB il player può impiegare un po’ a caricarsi, ma non c’è altro modo per l’embed.

Ed ecco una immagine tratta da una installazione recente: Disrupt!on (2014) realizzata con Max6, OSC, OpenGL, Network connection.

impulse03

Dato che, come autore, spazia fra vari generi, alcune cose possono piacere, altre no, ma il suo è sicuramente un sito da visitare.

PS: mi sto anche chiedendo se non abbia qualcosa a che fare con François Bayle

Unknown Pleasures 3D model

Se qualcuno ha una stampante 3D e vuole stamparsi un bel modellino del famoso sonogramma di Unknown Pleasures dei Joy Division può scaricare i dati da qui.

Nella foto mancano elementi di confronto, ma è piccolo: solo 10 cm. Un bel soprammobile.

Unknown_Pleasures

DbN – The Found Tapes Project 2014

C’è del fascino nella poetica degli oggetti trovati…

DbN take old cassette tapes found on flea markets and thrift stores and use them as raw material in fully live improvised electronic music performances.

The found tapes are sampled, manipulated, processed and ”physically played” using granular synthesis and other techniques, to create obscure rhythmical structures, noises and drones.

For each and every concert DbN use only cassette tapes found locally within the city or the area of the specific concert venue, making the raw material for every performance totally unique.

The audience is encouraged to bring their own cassette tapes to the venue for use in the performance.

DbN – The Found Tapes Project 2014 from DA BOOK on Vimeo.

Un acquarello per la fine del tempo?

Henry Simon (1910 – 1987) era un pittore francese che lavorava principalmente in acquarello.

Catturato dai tedeschi a Dunkerque nel 1940, venne imprigionato nello Stalag 1B presso Olsztynek, nella zona di Dresda, in quella che allora era la Prussia Orientale. Durante la prigionia continuò a dipingere producendo, fra gli altri, il disegno riprodotto qui sopra che sarà pubblicato insieme ad altri dipinti di quel periodo (in tutto circa 20) nel 1941, dopo la resa della Francia, in un libro dal titolo Compagnons de Silence. Il disegno è titolato Le Violiniste au Camp (Simon, in effetti, era anche un musicista dilettante) e datato, come gli altri acquarelli, 1940/41.

Ora, se pensiamo che Olivier Messiaen, autore del celebre Quatuor pour la Fin du Temps, parimenti scritto in un campo di concentramento tedesco ed eseguito per la prima volta in campo di prigionia nel gennaio del 1941, venne rinchiuso nello Stalag V111-A, distante circa 200 km dall’1B di Simon, ma nella stessa zona, non si può non notare la coincidenza…

Noteflight

Noteflight è un tool su web per scrivere musica via browser. In pratica un programma di video-scrittura musicale che risiede su un sito.

Le partiture introdotte possono essere condivise e/o esportate in MusicXML, quindi, poi, possono essere importate nei principali software di questo tipo. L’applicazione è free per l’uso non commerciale e offre una versione più potente, chiamata Noteflight Premium, per l’utilizzo commerciale a $49/anno (o $7.95 per un mese).

Gira con HTML5 quindi i browser lo devono supportare. Secondo loro dovrebbe andare su:

Browser Minimum Version
Google Chrome 21
Safari 5
Internet Explorer 9
Firefox 14
Mobile Safari iOS 6
Android 2.3

Sebbene, dal mio punto di vista, sia sempre meglio tenersi tutto in casa (io diffido anche delle varie clouds), probabilmente è bene che esista una cosa del genere che offre interessanti prospettive per la condivisione e la collaborazione.

Webbed Hand Records

 

La  Webbed Hand Records è una netlabel che ha un interessante catalogo nell’area ambient, drone ed elettroacustica di confine, cioè sperimentale, ma non troppo accademica.

Il tutto pubblicato in CC, quindi liberamente scaricabile in formato mp3. In effetti sarebbe carino che le produzioni si potessero anche acquistare in formato non compresso, come fanno altre netlabel, ma probabilmente, visto anche il tipo di produzioni, il mercato non sarebbe sufficiente a giustificare gli oneri derivanti dalla vendita.

La trovate qui (o cliccate l’immagine)

Google Music Timeline

Ma voi avete visto la music timeline di google? (il cui fine, poi, è quello di vendere musica da google play).

Cliccando su un genere, si espande ai sotto-generi, ognuno dei quali si espande fino ai nomi dei musicisti. Solo Google può permettersi cose del genere…

Però, attenzione: il grafico non si riferisce agli ascolti o alle vendite di tutto il mondo, ma è costruito basandosi soltanto sugli ascolti effettuati tramite il servizio Google Play (cito le FAQ: The Music Timeline is based on album and artist statistics aggregated from Google Play Music — we define popularity by how many users have an artist or album in their music library).

Quindi non è una mappa della popolarità dei generi musicali nel mondo, cosa che ci si potrebbe aspettare, conoscendo il furore “schedatorio” di Google, ma una statistica ricavata dal proprio servizio di vendita. Il valore della mappa, quindi, dipende da alcuni dati che attualmente non conosco e cioè quanti utenti ha Google Play e soprattutto cosa è disponibile (un artista non appare se Google non lo vende).

Ciò nonostante, è carina. Per la cronaca, nonostante quello che alcuni hanno scritto, c’è anche un tot di musica italiana (ho trovato De André e perfino la Pausini).

Un’altra precisazione importante è che la timeline non mostra, come dicono alcuni, la popolarità di un genere nel corso degli anni, bensì la presenza nelle librerie degli utenti di Google Play di dischi pubblicati in quegli anni. Per esempio, la grossa bolla di jazz degli anni ’50 non significa che negli anni ’50 tutti ascoltavano jazz, bensì che, fra le incisioni degli anni ’50, gli utenti di Google Play hanno principalmente dischi di jazz.

Un piccolo problema è che tutti i grafici sono normalizzati, per cui, se si vede un solo artista, non si ha la minima idea della sua incidenza sul totale. Verò è che, in tal caso, molti grafici sarebbero stati troppo piccoli, però una qualche indicazione percentuale avrebbero potuto metterla.

Infine, peccato non ci sia la musica classica. Nelle FAQ si dice che la mancata inclusione della classica dipende dall’incertezza della modalità di piazzamento temporale: ci si deve basare sulla data di composizione o di incisione? Effettivamente l’utilizzo della prima avrebbe esteso il grafico di almeno 5 secoli, mentre, secondo loro, la seconda sarebbe risultata fuorviante. Vedremo.

Per sempre cool

Il 21 Marzo 1976, dopo un concerto alla Community War Memorial arena in Rochester, New York, quattro detectives e un investigatore della polizia locale piombarono nella suite dell’Americana Rochester Hotel dove alloggiava David Bowie, sequestrando 182 grammi di marijuana e arrestando 4 persone: lo stesso Bowie, Iggy Pop, un bodyguard, tale Dwain Voughns e una ragazza di Rochester, Chiwah Soo.

I quattro passarono la notte in cella e furono rilasciati mattino seguente dietro cauzione di $ 2000 cadauno. Bowie e Iggy Pop vennero registrati con i loro veri nomi: rispettivamente David Jones e James Osterberg, Jr. Tre giorni dopo, David Bowie dovette presentarsi per il processo, immediato e veloce come è tipico negli USA, almeno per questo tipo di reati e in quell’occasione venne scattata la seguente foto segnaletica che fu ritrovata molti anni più tardi da un impiegato di una casa d’asta, frugando fra i mobili di un ufficiale di polizia in pensione. La foto fu poi venduta su Ebay per $ 2700.

È incredibile e quasi inumano come Bowie riesca ad apparire perfetto anche in una foto segnaletica come questa. Se non avete mai avuto il piacere, sappiate che in America, di solito, vengono prese con vetuste polaroid e due fari sparati in faccia mentre tu devi reggere il cartello con il numero e non hai ben chiaro come andrà a finire.

Devo la storia a Open Culture