Google Music Timeline

Ma voi avete visto la music timeline di google? (il cui fine, poi, è quello di vendere musica da google play).

Cliccando su un genere, si espande ai sotto-generi, ognuno dei quali si espande fino ai nomi dei musicisti. Solo Google può permettersi cose del genere…

Però, attenzione: il grafico non si riferisce agli ascolti o alle vendite di tutto il mondo, ma è costruito basandosi soltanto sugli ascolti effettuati tramite il servizio Google Play (cito le FAQ: The Music Timeline is based on album and artist statistics aggregated from Google Play Music — we define popularity by how many users have an artist or album in their music library).

Quindi non è una mappa della popolarità dei generi musicali nel mondo, cosa che ci si potrebbe aspettare, conoscendo il furore “schedatorio” di Google, ma una statistica ricavata dal proprio servizio di vendita. Il valore della mappa, quindi, dipende da alcuni dati che attualmente non conosco e cioè quanti utenti ha Google Play e soprattutto cosa è disponibile (un artista non appare se Google non lo vende).

Ciò nonostante, è carina. Per la cronaca, nonostante quello che alcuni hanno scritto, c’è anche un tot di musica italiana (ho trovato De André e perfino la Pausini).

Un’altra precisazione importante è che la timeline non mostra, come dicono alcuni, la popolarità di un genere nel corso degli anni, bensì la presenza nelle librerie degli utenti di Google Play di dischi pubblicati in quegli anni. Per esempio, la grossa bolla di jazz degli anni ’50 non significa che negli anni ’50 tutti ascoltavano jazz, bensì che, fra le incisioni degli anni ’50, gli utenti di Google Play hanno principalmente dischi di jazz.

Un piccolo problema è che tutti i grafici sono normalizzati, per cui, se si vede un solo artista, non si ha la minima idea della sua incidenza sul totale. Verò è che, in tal caso, molti grafici sarebbero stati troppo piccoli, però una qualche indicazione percentuale avrebbero potuto metterla.

Infine, peccato non ci sia la musica classica. Nelle FAQ si dice che la mancata inclusione della classica dipende dall’incertezza della modalità di piazzamento temporale: ci si deve basare sulla data di composizione o di incisione? Effettivamente l’utilizzo della prima avrebbe esteso il grafico di almeno 5 secoli, mentre, secondo loro, la seconda sarebbe risultata fuorviante. Vedremo.

Miles in Europe, 1967-69

Miles Davis filmato live a Stoccolma e Karlsruhe nel 1967 con il suo leggendario quintetto (Davis, Shorter, Hancock, Carter, Williams) in due concerti per un totale di circa un’ora.

Poi, però, ci si imbatte in quest’altro video girato a Copenaghen nel 1969 con Shorter, Corea, Holland e DeJohnette ed è incredibile sentire come tutto sia cambiato in soli due anni.

In mezzo ci sono In a Silent Way e Bitches Brew.

RIP Lol Coxhill

Qualche giorno fa, il 10, se ne è andato Lol Coxhill. Io ero impegnato in un corso estivo in un luogo ameno fuori dal mondo e anche dalla rete, per cui ne scrivo solo adesso.

Coxhill era un sassofonista che mi piaceva perché la sua musica non aveva confini. Sebbene fosse fondamentalmente un improvvisatore di stampo jazzistico, nella sua sterminata discografia ha attraversato vari stili passando e spesso mescolando free jazz, bebop, ma anche musica contemporanea “colta”, free music, elettronica (con Simon Emmerson), rock e punk, Canterbury scene, progressive e blues.

L’album Digswell Duets del 1978, accreditato a Coxhill, Simon Emmerson e Veryan Weston, è stato inserito dalla rivista britannica The Wire nella lista dei 100 album che hanno incendiato il mondo (quando nessuno li ascoltava) (qui l’intera lista).

With Kou Katsuyoshi (guitar), John Edwards (bass), Steve Noble (drums) at Cafe Oto London. 23 November 2009.

Turner (drum set), Coxhill (soprano sax) and Cooper (electronics) play at the Red Rose, London. 6th February 2007.

Max Eastley (self-made instrument – arc), Steve Beresford (electronics), Lol Coxhill (soprano sax) at Battersea Arts Centre week of free improvised music curated by Adam Bohman. 20th February 2010.

Escalator over the hill

coverIeri mi sono ritrovato a canticchiare una canzone che a un certo punto diceva

Contemplating
suicide
As protection from fraud
Escalator
over
the hill

e mi è ritornato in mente il monumentale lavoro di Carla Bley e Paul Haines, registrato fra il 1968 e il 1971 e uscito su un triplo vinile, passando come un’opera jazz, mentre in realtà era ed è molto di più.

Sono andato a riascoltarlo e fra le altre cose, mi sono reso conto che molte della melodie che io tuttora canticchio, camminando o sistemando la casa, provengono da quest’opera. Ma, ancora di più, sono rimasto colpito dalla profondità e dall’universalità artistica di questo lavoro che racchiude elementi del jazz del pop e del rock dell’epoca (con varie altre influenze, dall’atonale a Weill, fino ad una incursione nella musica indiana, relativamente popolare in quegli anni).

Intendiamoci: Escalator over the hill mi è sempre piaciuto e l’ho sempre ricordato come un’opera di grande spessore, ma erano anni che non lo riascoltavo e la sua freschezza, a 40 anni di distanza, mi ha davvero sorpreso. Soprattutto mi ha sorpreso l’attualità compositiva del tutto, mentre oggi, quando concetti come la world music e il crollo dei muri, compresi quelli che delimitano i generi, dovrebbero essere ormai assodati, non vedo in giro lavori di questa potenza.

Nella versione del 1971 (è stato poi eseguito live nel 1997, 98 e 2006 con altri musicisti), Escalator ha messo insieme un personnel di gran lustro:

Acoustic Guitar – Sam Brown
Bass – Charlie Haden , Jack Bruce , Richard Youngstein , Ron McClure
Bells, Celesta – Bill Morimando
Cello – Calo Scott
Clarinet – Perry Robinson , Souren Baronian
Clarinet, Saxophone [Tenor] – Gato Barbieri , Peggy Imig
Congas – Roger Dawson
Drums – Paul Motian
French Horn – Bob Carlisle , Sharon Freeman
Guitar – John McLaughlin
Lyrics By – Paul Haines
Organ, Celesta, Organ [Calliope], Written-by – Carla Bley
Saxophone [Alto] – Dewey Redman , Jimmy Lyons
Saxophone [Baritone] – Chris Woods
Synthesizer [Moog] – Don Preston
Trombone – Jimmy Knepper , Roswell Rudd , Sam Burtis
Trombone [Bass] – Jack Jeffers
Trumpet – Don Cherry , Enrico Rava
Trumpet, Producer – Michael Mantler
Tuba – John Buckingham
Vibraphone – Karl Berger
Viola – Nancy Newton
Violin – Leroy Jenkins
Vocals – Jack Bruce , Linda Ronstadt

Tutti questi musicisti si dividono tra più gruppi per raccontare una complessa vicenda i cui personaggi sono rappresentati sia dai cantanti che dai musicisti, dove gli ultimi concorrono alla definizione dei caratteri esprimendo le emozioni che vanno oltre le parole semplici ma visionarie, aperte a molte interpretazioni, di Paul Haines.

Qualcuno ha scritto che ognuno ha la musica che si merita. Non so cosa ho fatto di buono, ma sono molto contento di meritarmi, fra le altre, questa 🙂 .

Da You Tube, ecco la playlist completa (27 tracce).

Fluorinescence

coverJustin Robert and Jeremy Powell are both enthusiast musicians that play live jazz for a living. Justin is a percussionist and likes to fiddle with analog synths, and Jeremy plays saxophone.
Both musicians love free jazz and improvisation, so one night they got together, Justin on synth and Jeremy on sax, and they put ‘Fluorinescence’ onto tape.

Twelve tracks lasting 65′ 20”. Download the whole album from Test Tube.

Excerpts:

Perle dimenticate

coverNon c’è niente come rimettere in ordine una casa che contiene, fra l’altro, varie migliaia di dischi (CD e vinili) sparsi fra diversi mobili, per ritrovare cose che non ricordavi di avere. Orologi russi, vecchie foto in cui fai fatica a capire chi c’è e anche qualche disco che non ascoltavi da una vita.

Così, per caso, mi arriva in mano un disco di Julie Driscoll, vocalist di grande successo con Brian Auger & The Trinity nei roaring ’60, poi sposata Tippett (Keith) e convertita alla musica improvvisata e al jazz sperimentale in una carriera solistica ben più oscura di prima sotto il nome di Julie Tippetts (con una ‘s’ aggiunta).

Oscurità da cui, però, ogni tanto escono piccole perle come questo Sunset Glow, che risale al ’74, al confine fra jazz, canzone alla Wyatt (non è impossibile che sia proprio lui l’R a cui è dedicato il brano che vi presento) e un po’ di sperimentalismo. Gli altri musicisti del disco sono Brian Godding, guitars; il marito Keith Tippett, piano, harmonium; Mark Charig, cornet, tenor horn; il compianto Elton Dean, alto saxophone; Nick Evans, trombone; Brian Belshaw, bass; Harry Miller, bass; Louis Moholo, drums.

Cecil Taylor live

Un video live di uno dei non molti jazzisti che mi piacciono. Cecil Taylor live in Monaco nel 1984

È incredibile come, pur creando delle strutture informali, Cecil Taylor resti così legato al blues, che traspare in tutta la sua musica, compresi gli urletti. Vi segnalo anche quest’altro video in cui Taylor parla della propria poetica (tnx Cristina).

L’uomo approssimato

Four years after “Le projet flou” Daniel Palomo Vinuesa is back with the Serendipity collective for «L’homme approximatif».
Daniel Palomo Vinuesa mixes so many genres in “L’homme Approximatif” where written and improvised music melt with concrete sounds and electronica that one mind dazzles easily. It’s what makes this album interesting, it’s a unique experience where freedom is the main component… You’ll then listen to this album letting your mind being captured by its rollercoaster construction.
Jazz and electronic music are certainly the basis of Palomo Vinuesa’s creation but each theme surprises the listener allowing him to travel in various musical landscapes.

Le Projet flou


Bello questo pseudo-jazz di Daniel Palomo Vinuesa + collectif Serendipity.
Pseudo perché tutto è molto elettronico.

L’album è qui.