Il poeta e cantautore canadese Leonard Cohen è di nuovo in tournée negli States dopo 15 anni.
In questo link di npr-music potete ascoltare buona parte del concerto al Beacon Theatre in Manhattan. 12 pezzi per 1 ora e 14. Cohen rivisita famosissimi brani come “Dance Me to the End of Love,” “Bird on a Wire,” “Chelsea Hotel,” “Sisters of Mercy,” “Suzanne,” “Hallelujah,” “I’m Your Man,” “Famous Blue Raincoat.” Non occorre essere dei nostalgici per apprezzarlo.
Cliccate “Hear the music“, sopra l’articolo. Si apre una pagina con il player, vi beccate la pubblicità dell’ultimo disco di Van Morrison e poi inizia lo show (solo audio). Funziona perfino con linux.
Mi sono reso conto solo adesso che nella pagina del podcast c’è, per forza di cose, l’mp3 (a volte non sono sveglissimo). Potete ascoltarlo o scaricarlo (tasto destro e salva) a questo link.
In questo video di Blame Ringo, la genta cammine sulle zebre in Abbey Road ricreando il famoso attraversamento dei Beatles impresso sulla copertina dell’omonimo album, uno dei più belli e ricercati dell’intera storia del pop. La canzoncina di Blame Ringo sarà anche simpatica, ma mi fa sentire quanto tempo è passato.
L’8 agosto 1969 i Beatles attraversarono le strisce pedonali poste davanti agli studi di registrazione. Nessuno sapeva che era il loro ultimo album, tranne loro e le persone a loro vicine.
Curiosamente tale data coincide con la strage di Bel Air in cui, quella notte dell’8 agosto, fu massacrata l’attrice Sharon Tate dai seguaci della setta di Charles Manson che ammise poi di aver tratto l’ispirazione per quella insana azione demoniaca della canzone dei Beatles Helter Skelter (tratta dal White Album). Anche un’altra canzone scritta da Harrison – Piggies – fu ispiratrice di quel massacro dato che gli assassini scrissero con il sangue delle vittime la parola PIGGIES sulla porta della villa di Bel Air.
Nel video non mi sembra di vedere nessuno scalzo come Paul.
Iain David McGeachy, meglio noto come John Martyn è morto in Irlanda all’età di 60 anni. Nato nel 1948, nel Surrey (Inghilterra), era cresciuto a Glasgow (Scozia), dove, a 19 anni, aveva cominciato a farsi conoscere per il suo stile caratterizzato da una miscela di blues e folk.
Nel 1973 incise uno dei più importanti album britannici degli anni settanta, Solid Air, in cui continuò a sviluppare un suo stile vocale nuovo, inarticolato e modulato, con inflessioni paragonabili a quelle di un sax. Mi è sempre piaciuta quella voce.
Seguirono vari altri album, tutti di buon livello, anche nei periodi più scuri della sua vita (“Alcune persone tengono un diario, io faccio dischi”).
What happens when you take Ben King’s 1961 hit, Stand By Me, and then travel around the world, having different international artists offer their own interpretations, and finally you stitch them all together in one seamless tune? The clip below starts in California, moves to New Orleans, then heads off to Amsterdam, France, Brazil, Moscow, Venezuala, South Africa and beyond. And I’m willing to bet that you’ll like how it turns out. The clip comes from the documentary, ”Playing For Change: Peace Through Music.”
YouTube è pieno di sorprese. Per un post-natale alquanto smelenso1 eccovi una clip di 30 anni fa: 1977, David Bowie e Bing Crosby cantano in duo The Little Drummer Boy, una kanzone natalizia americana della peggior specie che parla di
a poor young boy who, unable to afford a gift for the infant Jesus, plays his drum for the newborn with the Virgin Mary‘s approval. Miraculously, the baby, although a newborn, seems to understand and smiles at the boy in gratitude.
[wikipedia]
Qui trovate la traduzione di tutto il testo compresi i dialoghi, che sono abbastanza divertenti.
1] smelenso: locuzione dialettale veronese per melenso.
Doctor Octoroc rilascia un album composto da revisioni di carole natalizie arrangiate nel classico stile 8-bit dei vecchi videogames. Il tutto è scaricabile qui.
Dunque, questa faccenda dell’accordo iniziale di A Hard Day’s Night deve essere esplosa in questi giorni, perché mi sono arrivate ben due segnalazioni (Nicola e Vinz).
In breve, la storia è questa: ricordate il klang iniziale di A Hard Day’s Night? (Beatles, 1964). Se la risposta è no, avviate il video qui sotto: è proprio la prima cosa che sentite.
Il problema è che non si riusciva a determinare esattamente la composizione di questo accordo e non si riusciva a riprodurlo accuratamente con 2 chitarre (una a 12 corde) e basso (l’organico dell’incisione). In pratica, sembrava fosse impossibile ottenere esattamente quella sonorità con la strumentazione di cui sopra. Sebbene le note fossero state identificate, non si riusciva a rendere conto della loro distribuzione fra gli strumenti.
Nella sua ponderosa analisi, Alan Pollack, che ha analizzato l’intera produzione dei quattro, dice:
I’ve seen better people than myself argue (and in public, no less) about the exact guitar voicing of this chord and I’ll stay out of that question for now (what a cop-out, Alan!), and merely state that its sonority is akin to a superimposition of the chords of d-minor, F-Major, and G-Major; i.e. it contains the notes D, F, A, C, and G – to my ears, only the B is missing. Even if you don’t know a thing about harmony or musical dictation, you can at least hear the G as a suspended fourth over the D on the bottom. Hullaballoo aside, this chord functions as a surrogate dominant (i.e. V) with respect to the chord on G which begins the first verse.
[A. Pollack – Notes on “A Hard Day’s Night”]
Ma finalmente il dott. Jason I. Brown, della Dalhousie University, ha pensato bene di fare una analisi FFT sull’accordo, elencando tutte le frequenze in esso contenute. L’analisi ha permesso di determinare la composizione esatta dell’accordo, mettendo in luce il fatto che le note coinvolte non possono essere state prodotte solo con due chitarre e basso (e non risulta traccia di sovraincisioni, che nel 1964 erano un po’ problematiche).
L’ipotesi finale, quindi, è che dentro il “klang” ci sia anche il pianoforte di George Martin, che, d’altronde, più avanti, doppia anche il solo di George. L’accordo lo vedete in figura (cliccate per ingrandire). I raddoppiamenti di 8va di La, Re e Sol che vedete nella parte di GH sono dovuti alla 12 corde. Qui trovate l’articolo di Jason Brown (pdf) con tutte le sue deduzioni.
Steve Albini (qui su wikipedia in inglese e qui in italiano) è un musicista, produttore discografico, tecnico del suono e critico musicale americano. È una persona che conosce molto bene il mercato musicale; fra l’altro è stato produttore dei Nirvana.
Nei primi anni ’90 ha scritto un articolo chiamato The Problem With Music in cui descrive la situazione di una band esordiente di un certo successo, come ne ha viste tante, che arriva a firmare il suo primo contratto con una major. Con la sua esperienza, Albini fa letteralmente i conti in tasca alla band, alla major, a produttori, manager e a molti personaggi che gravitano intorno al business musicale. È in articolo interessante anche perché, nonostante il fatto che circoli su internet ormai da 10 anni, non è stato mai direttamente smentito dalle major, evidentemente perché non sono in grado di farlo. D’altra parte le major si sono sempre sottratte alle discussioni sui loro margini di profitto (e su quelli di band, produttori, manager, etc.) adducendo il fatto che le situazioni sono troppo differenziate.
Ma, come ben sanno gli statistici, in economia le medie si possono sempre fare: basta riferirle a situazioni tipiche ed è quello che fa questo articolo.
Ho sempre voluto proporlo, ma finora sono stato trattenuto dal fatto che è in inglese-americano non proprio semplice e non ho mai avuto la voglia e il tempo di tradurlo (è piuttosto lungo). Oggi finalmente qualcuno lo ha fatto, quindi un plauso a LOR15, di cui vi segnalo il blog e da cui ho tratto la traduzione che riporto qui sotto e che mi sembra ben fatta.
Se a qualcuno interessa l’originale inglese, lo può leggere qui o qui, ma basta una ricerca in Google per trovarlo in molti siti.
È lungo, ma chiarisce molte cose. Se ne avete voglia e se vi interessa leggetelo, tanto per chiarire, fra l’altro, chi sono quelli che danno dei ladri ai ragazzini che si scaricano i CD.
Doppia maledizione, se continua così dovrò creare la categoria necrologi.
La tanto sospirata reunion dei Pink Floyd non potrà esserci mai. A 65 anni, ieri si è spento Richard Wright, tastierista fin dalla fondazione del gruppo e autore unico, fra le altre, di the great gig in the sky che potete ascoltare qui grazie a Deezer.