14&15 Mobile Photographers

Unfortunately this site no longer exists

14&15 Mobile Photographers is the first international showcase dedicated exclusively to mobile photographers and to their work. We are driven by a great curiosity to explore the new frontiers of digital photography, the mobile photography. For this reason, in 2015 we launched this platform, with the aim of promoting this sector of photography which is growing fast worldwide. We believe that the smartphone is only a tool to take pictures and does not represent anything more than an easy and fast camera. But this smart tool is always with us, ready to record our life in every moment.

1415_1 iPhone with Hipstamatic appPhoto by Scott Strazzante
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Removed

They are not playing cards. Removed is a project by American photographer Eric Pickersgill where the pervasiveness of the cellphone is highlighted through its absence. Ordinary images in which the central object is removed and in this way the scene appears in all its absurdity.

Pickersgill comments:

Family sitting next to me at Illium café in Troy, NY is so disconnected from one another. Not much talking. Father and two daughters have their own phones out. Mom doesn’t have one or chooses to leave it put away. She stares out the window, sad and alone in the company of her closest family. Dad looks up every so often to announce some obscure piece of info he found online. Twice he goes on about a large fish that was caught. No one replies. I am saddened by the use of technology for interaction in exchange for not interacting. This has never happened before and I doubt we have scratched the surface of the social impact of this new experience. Mom has her phone out now.

The Removed site is here, with many images.

DarkAngelØne

DarkAngelØne è un artista che lavora con le GIF animate. Anche se lui stesso, con una certa umiltà, afferma

Some people call me an artist, I say I’m just a guy who likes to play with photos

ottiene dei risultati sorprendenti. Cliccate l’immagine qui sotto per vedere l’animazione (datele il tempo di caricarsi: una GIF animata è composta da molte immagini e questa, in totale, è 2.5 Mb) e guardate.

Ne trovate altre qui.

Kodak Aerochrome III

Kodak Aerochrome III è una pellicola fotografica sensibile agli infrarossi ormai fuori produzione. In origine era utilizzata per la rilevazione aerea di zone di vegetazione che appaiono color magenta o rosso, in contrasto con il grigio e il blu delle aree “fredde” di materiale in prevalenza non biologico. Di conseguenza aveva anche un impiego militare, per individuare installazione mascherate con il colori della vegetazione.

Come ho già accennato, oggi questa pellicola non è più in produzione, ma ne rimane ancora una certa quantità da smaltire e ovviamente alcuni fotografi hanno trovato dei modi interessanti per utilizzarla. Richard Mosse ha realizzato vari progetti con la Kodak Aerochrome III, fra cui  Infra (2010/11) che testimonia la difficile situazione nella regione del Nord Kivu (Congo orientale) con il contrasto fra la vegetazione tropicale e lussureggiante e gli eserciti che la attraversano.

Tre immagini dal progetto Infra di Richard Mosse (cliccare l’immagine per ingrandire).

Colonel Soleil’s Boys
North Kivu, Eastern Congo
2010
Even Better Than The Real Thing
North Kivu, Eastern Congo
2011
Vintage Violence
North Kivu, Eastern Congo
2011

Daniel Zvereff, invece, l’ha usata per Introspective, un progetto solo apparentemente inadatto alle caratteristiche della pellicola: un viaggio verso l’artico, luogo in cui di vegetazione se ne trova ben poca. Ma proprio per questo, il diradarsi delle zone in colore dà l’esatta immagine del cambiamento del paesaggio, dal colore al (quasi) bianco/nero. Un viaggio fatto di foto, disegni e diario.

Tombstone, Yukon Kulusuk, Greenland Longyearbyen, Svalbard

Mi piace molto quando l’arte riesce a reinventare gli oggetti che la tecnologia si lascia dietro.

Genesi: Sebastião Salgado a Venezia

sebastiao-salgado

C’è una mostra da vedere a Venezia. 240 immagini di Sebastião Salgado ispirate alla terra incontaminata. 240 foto prese in quel 40/45% del nostro pianeta che rimane quasi intoccato da mano umana o perlomeno toccato ma a un livello ampiamente sostenibile, in cui il poco di umanità che lo abita non consuma più di quanto la terra possa produrre.

Otto anni e 32 viaggi per riempire le cinque sezioni di questa mostra, dedicate al altrettante aree del globo in cui la “civiltà” non è riuscita a introdursi in modo massiccio: l’Antartide e il sud dell’Argentina, l’Africa, alcuni luoghi piccoli ma peculiari come il Madagascar, Papua Nuova Guinea e l’Irian Jaya, il Grande Nord e infine l’Amazzonia, il polmone verde del pianeta, che contiene oltre un decimo della biodiversità presente sulla terra.

C’è una incredibile bellezza in queste immagini. Una bellezza che ognuno può interpretare come vuole (per me assolutamente laica), ma che rimane innegabile e sublime, termine, quest’ultimo, che non sono mai riuscito ad associare alle creazioni umane. A parte i molti viaggi di quando ero più giovane, io colleziono tuttora immagini della terra senza l’uomo e trovo che, anche dal punto di vista estetico, siano inarrivabili. C’è un equilibrio fra diversità e ripetizione, fra struttura e casualità che è una grande fonte di ispirazione, ma anche qualcosa di irraggiungibile.

Mi spiace solo che la natura non sia riuscita, finora, a porre un serio limite alla crescita umana. Ha tentato molte volte, con e senza il nostro aiuto, raggiungendo anche risultati apprezzabili, ma non ci è mai andata nemmeno vicina. Forse tenterà di nuovo e fallirà meglio. O forse, prima o poi, troverà una soluzione un po’ brusca, tipo un asteroide ben centrato, che darà al pianeta qualche millennio di tregua per riprendersi.

Perché, secondo me, la conservazione del pianeta non è questione di intelligenza da parte nostra. Anche se un po’ più di attenzione non sarebbe male, anzi, a dire la verità, sarebbe obbligatoria e potrebbe ottenere buoni risultati, non c’è niente da fare. È solo una questione di quantità.

Genesi è aperta dal 1 Febbraio al 11 Maggio alla Casa dei Tre Oci, alla Giudecca. Sito di riferimento.

Le foto sono in bianco/nero, ma, come diceva Samuel Fuller “la vita è a colori, ma il bianco e nero è più realista”. Altre immagini qui.

L’arte della Terra

Richat StructureTrovo che le foto aree abbiano una loro particolare bellezza. In immagini come questa il suolo diventa pura forma e colore, quasi un’opera astratta i cui tratti non sono mai banali o ripetitivi, ma sempre diversi pur restando simili.

Quella che vedete è la Struttura di Richat, conosciuta anche come Occhio del Sahara o Guelb er Richat. Si trova in Mauritania, in una parte di deserto sahariano altrimenti vuota. Ha un diametro di più di 40 km e si ritiete sia un formazione geologica risalente al paleozoico (click per ingrandire).

Per la fine del 2012 la NASA ci regala The Earth as Art, un libro con 75 immagini riprese da satellite liberamente distribuito e scaricabile qui in pdf.

Per l’iPad, inoltre, è disponibile questa App gratuita con lo stesso contenuto.

Per gli amanti del genere segnalo anche il sito The Gateway to Astronaut Photography che, semplicemente “hosts the best and most complete online collection of astronaut photographs of the Earth”.

Asako Narahashi

Da più di 10 anni, Asako Narahashi fotografa il mondo dal ciglio dell’acqua, a volte con la macchina in parte sommersa.

In alcune immagini, la prospettiva sembra quella di un naufrago che annaspa fra le onde. In altre, con acqua calma, la vista è quella di un nuotatore che riposa scivolando sull’acqua o facendo il morto.

Click per ingrandire.

Partecipare

Uno spettacolo di fuochi artificiali in una serata nuvolosa durante la celebrazione del Perth’s Australia Day.

Di colpo, la natura decide di partecipare… (click to enlarge)

natura

Da: National Geographic Traveler Photo Contest 2012

Com’era il vecchio west

Quando passo per qualche luogo che mi piace mi chiedo sempre come è apparso agli occhi dei primi uomini (il senso reale della domanda è com’era prima che la civiltà lo riempisse di insulse casette, strade eccetera). Pensare per esempio a come poteva apparire il lago di Garda a qualcuno che lo vedeva per la prima volta arrivando dalle montagne a nord, è sorprendente: un’immensa distesa di acqua con qualche villaggio e qualche palafitta qui è la.

Adesso il Daily Mail online pubblica una serie di foto scattate da Timothy O’Sullivan nei primi anni del 1870: sono le prime immagini di quelle terre che diverranno note come il selvaggio west (principalmente Arizona, Nevada, Utah).

Qui il link.

The wild west

These remarkable 19th century sepia-tinted pictures show the American West as you have never seen it before – as it was charted for the first time.

The photos, by Timothy O’Sullivan, are the first ever taken of the rocky and barren landscape.

At the time federal government officials were travelling across Arizona, Nevada, Utah and the rest of the west as they sought to uncover the land’s untapped natural resources.

The DailyMail online: Here is the link.

Dujardin

Filip DujardinFilip Dujardin è un fotografo belga che si occupa di architettura e che, oltre a fotografare edifici reali, compone immagini di edifici immaginari assemblando frammenti architettonici.

Ne risultano delle architetture che, pur con evidenti anomalie, risultano perlomeno verosimili.