Ristorante?

La Cina si attrezza per le olimpiadi e parte del lavoro consiste nel tradurre le insegne e i cartelli indicatori in inglese. Trattandosi di frasi brevi o singole parole si possono utilizzare anche i traduttori automatici online, ma non sempre il sistema funziona e se chi traduce non ha la minima conoscenza dell’inglese…

Gli ideogrammi della foto significano semplicemente “ristorante”, ma quel giorno Google Translate (o Babelfish) aveva qualche problema.

D’altra parte, anche quando il servizio funziona, spesso produce risultati non proprio esaltanti.

Via AdFreak

Taiko

Taiko (太鼓, o daiko nei composti) significa tamburo in giapponese. In realtà ne esistono diversi tipi, ma ormai, al di fuori del Giappone, questa parola designa tutti gli ensemble di tamburi.

L’origine del taiko è legata al Gagaku (雅楽, letteralmente “musica elegante”), uno stile musicale di corte molto antico tramandato attraverso i secoli (si esegue tuttora), ma ben presto questi tamburi trovarono anche un impiego militare.

Lo stile moderno, quello noto in tutto il mondo e che vediamo nel filmato, è recente. Venne fondato del 1951 da Daihachi Oguchi, un batterista jazz nato nel 1924 e morto il 27 giugno di quest’anno. Secondo la leggenda. Oguchi mise insieme il primo ensemble con diversi tamburi e vari esecutori volendo aggiungere un tocco più ritmico ad un brano che doveva eseguire durante una cerimonia in un tempio. L’idea, poi, si diffuse e vennero fondati molti ensemble che svilupparono il concetto del taiko ensemble secondo i criteri di spettacolarità che vediamo nelle esibizioni attuali.

Esistono, tuttavia, varie combinazioni di esecutori e tamburi, che vanno dai normali ensemble con molti tamburi e molti esecutori, passando per molti tamburi con un solo esecutore oppure un tamburo con più di un esecutore, fino a un tamburo e un solo esecutore.

È interessante notare, infine, che i taiko sono spesso ricavati da un unico pezzo di legno ottenuto scavando il tronco di un albero sufficientemente grosso.

Everest panorama

western cwmGuardate questo panorama realizzato dal danese Hans Nyberg e se non vi emoziona, preoccupatevi almeno un po’.

Perché questo è il mondo visto dal suo punto più alto. Un luogo che, per una strana ironia, è uno dei posti più inospitali del pianeta e forse proprio per questo, più emozionanti.

Quando si arriva in aereo a Kathmandu. si vede la cima delle montagne in distanza e ci si rende conto che i picchi più alti sono all’incirca alla stessa altezza dell’aereo. È incredibile e inquietante il pensiero che, scalando l’Everest, si mettono i piedi all’altitudine di crociera di un Boeing 747.

Io non ci sono mai arrivato sulla cima e nemmeno vicino, ma, quando ero giovane, ho camminato sul Western Cwm (nella foto, cliccatela), la valle del silenzio, oltre la seraccata del Khumbu, a 6000 + qualcosa metri e qui, circondati dal Nuptse, dal Lhotse e dall’Everest, ci si rende conto che il pianeta è incredibilmente più grande e potente di te e che merita un immenso rispetto…

La via più breve

osakaSe non fosse per il fatto che, come in Inghilterra, si viaggia dalla parte sbagliata della strada, guidare in Giappone sarebbe bellissimo. Ma il problema della sinistra non esiste sulle tangenziali, dove le corsie sono separate da un muro.

Quando la densità abitativa raggiunge i livelli giapponesi, l’unico modo di costruire strade a percorrenza veloce è farle passare sopra le case. Le cosiddette tangenziali viaggiano in aria e il traffico scorre in un limbo gestito da divinità lontane.

osakaUna tendenza che deve fare sempre i conti con lo sviluppo verticale delle grandi città. Così le strade girano intorno alle costruzioni, si avvolgono su sé stesse, si dividono e si ritrovano in un flusso che sembra liquido.

Ma, a volte, l’edificio non può essere aggirato né demolito e così non resta altro che passarci attraverso. Qui, a Osaka, la società che costruiva la tangenziale ha semplicemente affittato tre piani e ci ha fatto passare la strada.

Cliccate sulle immagini per ingrandire. Vedi anche Googlesighting.

Via Darwin

La notte si innalza dall’orecchio come una farfalla

Titolo suggestivo per questo recente brano elettroacustico di Hideko Kawamoto. Ecco le note di programma

“Night Ascends from the Ear Like a Butterfly”, composed in 1999 and dedicated to my grandmother, Tami, was inspired by Haruo Shibuya’s poem ‘Coliseum in the Desert’. The words Shibuya uses in this poem, such as ‘night’, ‘a time of music’, ‘rain’, ‘black fountain’, ‘piano-string’, ‘useless choir’, and ‘butterfly’, gave me compositional ideas. These images developed in my imagination separately from Shibuya’s poem. […]

[For example,] the intention of the ‘butterfly’ sound is to depict the surrealistic vision of a butterfly flying away from the ear. To me the sound had to be shimmering and transparent; to create [it,] a tremolo passage from Maurice Ravel’s piano piece, ‘Noctuelles’ (Night Moths) from Miroirs, was sampled and processed using various [electronic] techniques. … I also used the sound of small pieces of aluminum foil shaking up and down in a metallic bowl … to create the surrealistic vision of a butterfly staying in one place, not flying, but moving its wings delicately as it breathes.

Hideko Kawamoto’s (b. 1969) works are often inspired by visual art and poetry and influenced by her Japanese background. She considers her music to be “a sound transformation of visual images” and is aware of the space in which music is performed, creating what she calls “sound sculpture.”

Hideko Kawamoto was born in Japan and started piano study at the age of nine. She studied composition with Phil Winsor and piano with Joseph Banowetz at the University of North Texas in Denton. Her works have been performed at festivals throughout Europe, North and South America, Africa, Oceania, and the Far East. Awards Kawamoto has received include the Concorso Internazionale “Luigi Russolo,” Pierre Schaeffer International Computer Music Competition, Bourges International Competition of Electroacoustic Music and Sound Art, and Sonic Circuits International Festival of Electronic Music and Art. Her music can be heard on the Acousmatica, Bonk, Centaur, ICMC 2001, innova, and SEAMUS labels.

Kawamoto has served as chair of the music department at St. Andrews Presbyterian College in Laurinburg, North Carolina, and currently resides in Southern California.

Enka I

Vi facciamo ascoltare un brano di Susumu Yoshida perché rappresenta molto bene l’atteggiamento giapponese nei confronti del silenzio.

Composta nel 1978, Enka I (esiste anche un Enka II), per soprano e nove strumenti, si ispira allo spirito (non allo stile) di un certo tipo di canzone popolare giapponese. Enka, in Giappone, è un genere musicale popolare, che potrebbe essere paragonato alle canzoni drammatiche di Gilbert Bécaud o Edit Piaf in Francia.

Qui, Susumu Yoshida vuole analizzare, estrarre e ricostruire l’essenza drammatica dell’Enka, ma lo fa con gesti che, a noi occidentali, appaiono estremamente misurati, nella tradizione del teatro giapponese in cui anche la semplice posizione di una mano ha un significato preciso.

giardino di pietre e sabbiaBellissimo e spiazzante è ciò che il compositore dice del silenzio, che abbonda in quest’opera:

La mia musica si basa sul silenzio. È una musica concepita “in negativo” in quanto le note esistono solo per creare e condizionare questo silenzio. Il silenzio non è il Nulla, non è solo il momento in cui non si sente più niente, è una forma di esistenza in sé, che si nasconde dietro alle note.

Questi silenzi non sono cageani e non sono espressivi. Non si può non pensare al giardino di pietre e sabbia del tempio Ryoanji a Kyoto, oppure ai vuoti delle pitture orientali.

Susumu Yoshida – Enka I (1078), per soprano e nove strumenti
Yumi Nara soprano – Orchestra Colonne, Hikotaro Yazaki cond.

Autocelebrazione

È la famosa statua in bronzo del leader coreano Kim-Il-Sung (15 aprile 1912 – 8 luglio 1994) sulla collina di Mansu a Pyongyang.

Cliccate l’immagine per ingrandirla e guardate le dimensioni delle persone rispetto alla statua.

Non è impressionante?

Stella Rossa su internet

Lo scorso weekend potrebbe essere ricordato come un momento storico per internet.

Per la prima volta, infatti, gli USA non sono più il paese con il maggior numero di navigatori, essendo stati superati dalla Cina. Come, infatti, riporta puntualmente il sempre attento Punto Informatico, citando varie agenzie, gli utenti cinesi hanno superato gli americani 220 contro 217 milioni.

Ma la crescita cinese non si fermerà qui. L’aumento rispetto allo scorso anno è stato del 30% e questo sembra essere anche il trend dell’anno in corso. Considerata la popolazione cinese e il fatto che soltanto adesso una gran parte dei cinesi comincia a guadagnare abbastanza da permettersi una connessione domestica, si può prevedere che il distacco sia destinato ad aumentare e consolidarsi.

Il fatto che tutto ciò avvenga nonostante l’altissimo tasso di controllo e di restrizione operata sulla rete da parte del governo cinese non è un buon indicatore. Altri governi potrebbero pensare che crescita e controllo possano convivere. In questi ultimi anni, infatti, gli stessi paesi occidentali hanno imparato molto dalla Cina in materia di controllo. Ricordiamo, per esempio. che in Italia non vengono oscurati soltanto siti coinvolti in reati penali, ma anche quelli che ospitano alcuni casinò online e gestori di scommesse con sede all’estero, onde impedire agli italiani di sfuggire al monopolio statale e alle tasse connesse.

Quello che si spera, ovviamente, è che l’aumento esponenziale del numero dei navigatori renda la vita sempre più difficile ai controllori e che il fenomeno internet si traduca in una maggiore libertà di informazione anche in Cina.

Forse quello di cui abbiamo bisogno davvero è un bel jolly roger:

Il gradino di Hillary

Esistono solo tre veri sport: l’alpinismo, la corrida e l’automobilismo; tutto il resto è soltanto un gioco.
[Ernest Hemingway]

Seguendo la via di sud-est, nella parte finale, la vetta dell’Everest si raggiunge camminando su questa cresta, dal colle sud, passando per il “Balcone” (una piccola piattaforma a 8400 m. con vista a sud e ad est) e la cima sud (un ripiano grande come un tavolo a 8750 m) fino alla sommità (8848 m).

L’ultima difficoltà, a meno di 100 m. dalla cima, è costituita da un risalto roccioso alto 12 m. Una banalità a una quota “umana” (almeno per uno scalatore; sono sempre 12 m.), ma un ostacolo quasi insuperabile a 8760 m., dopo una lunga ascesa e con l’ossigeno che arriva al massimo al 50% del normale solo grazie alle bombole (altrimenti sarebbe il 30%).
Il nome di questa parete è Hillary Step, a ricordare Sir Edmund Hillary, che per primo ha scalato l’Everest insieme allo sherpa Tenzing Norgay.
Oggi l’Hillary Step si supera grazie a una serie di corde fisse, ma fa paura pensare a come devono essersi sentiti quei due quando se lo sono trovato di fronte, alle 10 del 29 Maggio 1953 dopo molte ore di cammino, con le attrezzature dell’epoca. È stato Hillary a issarsi, con enorme sforzo, centimetro dopo centimetro, fino alla cengia che lo sovrasta e ad aprire la strada per gli ultimi metri, relativamente facili, fino alla vetta.

Quindi questo post è dedicato a Edmund Hillary che qualche giorno fa ha superato il suo ultimo gradino. Adesso l’Everest si chiama Sagarmatha in Nepal (सगरमाथा la Dea dei cieli) e Chomolungma in Cina (ཇོམོགླངམ la Dea madre della terra in tibetano), ma l’Hillary Step ha un solo nome, ovunque.

E poi è dedicato anche a te, tanto per dirti che, anche se hai la testa a grandi altezze, sono sempre contento di vederti e non sono arrabbiato…

師走 : gli insegnanti corrono

Dato che, a quanto ne so, parecchi fra voi sono insegnanti di vario ordine e grado, vi farà piacere sapere quanto segue.

Rispolverando un po’ del mio malandato giapponese, mi torna in mente che, in Giappone, il mese di Dicembre viene chiamato anche shiwasu (師走) che letteralmente significa “teachers running” (insegnanti che corrono). Il primo dei due ideogrammi, infatti, è “shi”: insegnante, maestro, mentre il secondo è la radice del verbo hashiru che significa correre, muoversi rapidamente.

Tutto ciò a riflettere il fatto che Dicembre è un mese così “busy” che perfino gli insegnanti, che normalmente ciondolano qui e là senza avere molto da fare, sono in estrema agitazione perché ci sono un sacco di carte da presentare e cose da chiudere.

A peggiorare la considerazione di noi insegnanti c’è anche il fatto che una mia amica giapponese mi ha tradotto shiwasu con “teachers run around” che a prima vista sembra uno dei tanti phrasal verb tipo run about, ma invece c’è una bella differenza. Secondo il Merriam-Webster, infatti, run around significa “mettere in atto una azione evasiva e/o ritardante in risposta a una richiesta precisa”.

Andiamo bene… 😯