Addio, Crackle

Michel WaisviszDue giorni fa, Michel “Crackle” Waisvisz, creatore di diversi sistemi elettroacustici come il CrackleBox, il CrackleSynth e The Hands, si è spento prematuramente nella sua casa, dopo vari mesi di malattia.

Nato l’8 Luglio 1949, ha diretto lo STEIM (STudio for Electro-Instrumental Music di Amsterdam) per 27 anni.

È una pura coincidenza, non lo sapevo, ma mi fa molto piacere aver passato gli ultimi due giorni a suonare un nuovo cracklebox arrivato recentemente dallo STEIM, così come mi rende felice il fatto di averne regalato uno proprio il 19.

Tu te ne vai, ma i tuoi suoni restano e si diffondono…

Michel Waisvisz died peacefully in his home last night after fighting the mean cells in his body for the last eight months.

He was born on the 8th of July 1949 and lead STEIM as Director for 27 years. He left us on a day when artists and friends from around the world gathered downstairs to perform for a full-house season-closing concert.

Michel was a musician, visionary and occasional gardener – touched by sound and forever happy to be surprised. He was the source of an enormous surge of energy that continues to flow through STEIM into the world.

We will miss his touch, crackle, inspiration and constant improvisation of the now.

STEIM
June 19, 2008

 

Tellus

Launched in 1983 as a subscription only bimonthly publication, the Tellus cassette series took full advantage of the popular cassette medium to promote cutting edge music, documenting the New York scene and advanced US composers of the time.

Tellus ‘The Audio Cassette Magazine’ was in activity for 10 years (1983-1993), witnessing the digital revolution taking place in the new media arts. Some points of comparison can be established with the Toronto based MusicWorks Journal and cassette, launched 1978, or with the ROIR cassette only releases of various musical styles, from Flipper to Lee Perry to Einsturzende Neubauten, launched 1981. Tellus published audio art, new music, poetry and drama, exploring musical spheres as diverse as avant-garde composition, post industrial music, NY no wave, Fluxus music, heirs of Harry Partch, avant rock, sound poetry, radio plays, tango, electroacoustic music, etc.

You can find most of materials at UBUWeb page presented in conjuction with Continuo’s Weblog.

Here is the index.

Here are some excerpts

Ombres lumineuses

Questo brano di Costin Miereanu (Bucarest 1943, naturalizzato francese dal 77) è stato registrato al 9° Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Torino nel 1986 ed è scritto per clarinetto in Sib, corno, violino, violoncello, 2 perc., 3 synth DX7.

Costin, relativamente noto in Italia, avendo avuto anche un disco edito nella storica serie Cramps (Luna Cinese), è sempre stato un creatore di atmosfere raffinate e si conferma tale anche in questo brano che potete scaricare da AGP o ascoltare qui sotto.

Costin Miereanu – Ombres lumineuses (1986)
Ensemble Antidogma, Daniel Tosi cond.

Les Chants de Maldoror

Niente a che fare con l’omonimo poema di Lautréamont. È un brano di musica elettronica composto da Rainer Riehn nel 1965/66 (revisione 1968/69) che ascoltavo spesso quando ero piccolo (16/17 anni).

Si tratta di un collage di materiali molto eterogenei, a tratti molto vicini al rumore, che sembrano derivare da fenomeni di interferenza, accostati spesso brutalmente, senza nessuna evoluzione.

Non posso dire che mi piacesse, ma mi affascinava perché era formalmente agli antipodi di quello che mi piaceva a quei tempi, cioè la stasi più totale: un solo suono che cambia lentamente in un tempo infinitamente lungo. Devo dire che, a distanza di tanti anni, mi affascina ancora. Comunque non ho ancora afferrato il collegamento con il poema di Lautréamont.

Rainer Riehn – Les Chants de Maldoror (1965/66 – 1968/69)

The Seven Wonders of the Ancient World

La particolarità di questo brano di David Jaffe risiede nel fatto che si tratta di un concerto per pianoforte in cui la parte del solista è eseguita da un percussionista (Andrew Schloss) che controlla un pianoforte midi (il disklavier) per mezzo del Radio Drum.

Si tratta di un dispositivo i cui battenti inviano a quattro sensori disposti agli angoli della tavola, la loro posizione in termini di X, Y e Z.
Questi dati vengono utilizzati per calcolare il punto di impatto e la forza, ma vengono inviati sempre, non solo quando i battenti toccano la superficie. Ne consegue che un apposito software può anche utilizzare il movimento dei battenti in aria per ricavarne dei dati che vengono poi trasformati in note midi inviate al disklavier.
Si tratta quindi di una interfaccia che rileva il movimento, non di una semplice percussione digitalizzata.

Il brano è scritto per pianoforte e ensemble strumentale (mandolin, guitar, harp, harpsichord, bass, harmonium and 2 percussionists). Ecco un estratto.

Varie note sul brano sul sito di Jaffe.

La notte si innalza dall’orecchio come una farfalla

Titolo suggestivo per questo recente brano elettroacustico di Hideko Kawamoto. Ecco le note di programma

“Night Ascends from the Ear Like a Butterfly”, composed in 1999 and dedicated to my grandmother, Tami, was inspired by Haruo Shibuya’s poem ‘Coliseum in the Desert’. The words Shibuya uses in this poem, such as ‘night’, ‘a time of music’, ‘rain’, ‘black fountain’, ‘piano-string’, ‘useless choir’, and ‘butterfly’, gave me compositional ideas. These images developed in my imagination separately from Shibuya’s poem. […]

[For example,] the intention of the ‘butterfly’ sound is to depict the surrealistic vision of a butterfly flying away from the ear. To me the sound had to be shimmering and transparent; to create [it,] a tremolo passage from Maurice Ravel’s piano piece, ‘Noctuelles’ (Night Moths) from Miroirs, was sampled and processed using various [electronic] techniques. … I also used the sound of small pieces of aluminum foil shaking up and down in a metallic bowl … to create the surrealistic vision of a butterfly staying in one place, not flying, but moving its wings delicately as it breathes.

Hideko Kawamoto’s (b. 1969) works are often inspired by visual art and poetry and influenced by her Japanese background. She considers her music to be “a sound transformation of visual images” and is aware of the space in which music is performed, creating what she calls “sound sculpture.”

Hideko Kawamoto was born in Japan and started piano study at the age of nine. She studied composition with Phil Winsor and piano with Joseph Banowetz at the University of North Texas in Denton. Her works have been performed at festivals throughout Europe, North and South America, Africa, Oceania, and the Far East. Awards Kawamoto has received include the Concorso Internazionale “Luigi Russolo,” Pierre Schaeffer International Computer Music Competition, Bourges International Competition of Electroacoustic Music and Sound Art, and Sonic Circuits International Festival of Electronic Music and Art. Her music can be heard on the Acousmatica, Bonk, Centaur, ICMC 2001, innova, and SEAMUS labels.

Kawamoto has served as chair of the music department at St. Andrews Presbyterian College in Laurinburg, North Carolina, and currently resides in Southern California.

Voix Blanche

Gilles Gobeil, canadese, nato nel 1954, è autore di parecchi lavori elettoacustici che utilizzano anche le Onde Martenot.

Questo strumento, come del resto il Theremin, non è mai morto, ma viene utilizzato saltuariamente dai compositori contemporanei per le sue particolari sonorità.
Esistono circa 1500 brani in cui appaiono le Ondes Martenot, composti da autori come Varèse, Messiaen, Honegger, Scelsi, Boulez, Jolivet, Murail e molti altri. È anche utilizzato nella musica da film (Mad Max, Mars Attack, La Marcia dei Pinguini, …) e nella popular music di varie tipologie (Brel, Radiohead, Vanessa Paradis, …).

A differenza di altri, l’interesse di Gilles Gobeil non è episodico. Esiste un suo CD dal titolo Trilogie d’Ondes (empreintes DIGITALes, IMED 0576, 2005) che comprende tre brani per Ondes Martenot e suoni elettronici.
Qui vi facciamo ascoltare Voix Blanche del 1988, che ha vinto il secondo premio per la musica elettroacustica mista nel concorso internazionale di Bourges, edizione 1989.

Suzanne Binet Audet, Ondes Martenot

Il Nome

Il Nome è un brano elettroacustico (soprano + nastro magnetico) composto da Richard Karpen nel 1987 su testo tratto da “Il nome di Maria Fresu” di A. Zanzotto + un verso dall’Orfeo di Monteverdi.
Maria Fresu è una delle 84 persone uccise nell’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Non è rimasto niente di lei (Karpen è stato in Italia vari anni e ha lavorato al CSC a Padova).

Il materiale sonoro è formato in gran parte da elaborazioni della voce del soprano. Vengono utilizzati anche vetri rotti, una singola nota di violino e un tam-tam. Le elaborazioni sono in buona parte cambi di altezza o stretching temporale senza alterazione dell’altezza (in qualche caso la durata è stata estesa fino a 20 volte l’originale) + filtraggi. Grande attenzione è posta alla sovrapposizione e concatenazione dei frammenti.

Testi

E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all’ora dei pranzi
in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni rutto – scoppiato e disseminato –
in milioni di dimenticanze, di comi, bburp.
A. Zanzotto, Il nome di Maria Fresu, da Idioma, Milano, Mondadori, 1986

Tu sei morta, mia vita, ed io respiro?
Tu mi hai lasciato per mai più tornare, ed io rimango?

No.
Monteverdi – Orfeo

Richard Karpen – Il Nome (1987), per soprano e banda magnetica – J. Bettina, soprano

Richard Karpen is a native of New York, where he studied composition with Charles Dodge, Gheorghe Costinescu, and Morton Subotnick. He received his doctorate in composition from Stanford University, where he also worked at the Center for Computer Research in Music and Acoustics (CCRMA).
He has been the recipient of many awards, grants and prizes including those from the National Endowment for the Arts, the ASCAP Foundation, the Bourges Contest in France, and the Luigi Russolo Foundation in Italy.
Founding Director of the Center for Digital Arts and Experimental Media (DXARTS) at the University of Washington.

Les Chants de l’Amour – Note di programma

Pubblico la traduzione delle note di programma scritte dallo stesso Gérard Grisey per “Les Chants de l’Amour”. Scusate la forma un po’ involuta, ma, data la lunghezza, le ho tradotte con babelfish, correggendo poi i punti errati (devo dire che babelfish se la cava piuttosto bene dal francese all’italiano).

Les Chants de l’Amour – Note di programma di Gérard Grisey

Il primo progetto de “Les Chants de l’Amour”, in realtà la messa in atto formale, data dell’estate 1981. Io concepiti allora l’idea di grandi polifonie vocali avvolte e sostenute da una fondamentale potente. Il programma CHANT concepito alla IRCAM, di cui avevo allora ascoltato alcuni esempi, mi apparì immediatamente come lo strumento adeguato per realizzare questa voce continua e queste pulsazioni respiratorie, vero liquido amniotico delle voci umane.

All’origine dei “Les Chants de l’Amour”, non c’è nessun testo particolare, bensì piuttosto un materiale fonetico così costituito:

  1. Un’introduzione che contiene la dedica del brano in dieci lingue diverse (“canti d’amore dedicati a tutti gli amanti della terra”);
  2. Le diverse vocali contenute nella frase “I love you”. Così sedici vocali diverse per i cantanti ed un centinaio di vocali per la voce sintetizzata;
  3. Diverse consonanti che appaiono gradualmente nel corso del brano.
  4. I nomi di amanti famosi: Tristan, isolde, Orfeo, Euridice, don Quichote, Dulcinea, Romeo, Giuletta…
  5. Litanie attorno alla parola amore, composte in francese, inglese, tedesco ed ungherese, soprattutto per la loro sonorità;
  6. Interiezioni, sospiri, scoppi di risa, halètements, gemiti, pezzetti di frasi, soprattutto per il loro carattere erotico;
  7. “Ti amo”, “Amant”, “amore” registrati in 22 lingue diverse, materiale fonetico per la folla e fonte concreta destinata a essere trattata dall’elaboratore;
  8. Un estratto “di Rayuela”di Cortazar;”
  9. La frase “I love you” base formale semantica di tutta la parte.

Ossia nel totale 28 sezioni, facilmente reperibili poiché ciascuna di essa possiede la stessa forma respiratoria.

La parte elettronica de “Les Chants de l’Amour” proviene principalmente da due fonti sonore: la voce sintetizzata dal programma CHANT e voci parlate registrate, digitalizzate e quindi trattate dall’elaboratore, soprattutto con una serie di filtri. L’interesse della voce sintetica non risiede tanto nell’imitazione della voce umana quanto nelle possibilità infinite di deviazione di queste voci. Vi scopriamo molti campi di percezioni e reazioni emotive legate agli avatars della voce umana.

L’altro versante di questa voce sintetica, cantata e tutta vocalizzata, sono la voce parlata, il rumore delle consonanti e della lingua. Solo l’elaboratore poteva permettermi di registrare queste voci diverse, raggrupparle, moltiplicarle e trasporle per creare vere cascate di voce umana, turbinio di folle ai quattro punti cardinali che vanno ripetendo “Ti amo” nella diversità dei loro timbri e delle loro lingue.. Nel corso di “Les Chants de l’Amour” evolvono vari tipi di relazioni tra le dodici voti del coro e tra il coro come entità e la voce della macchina. Questa voce, a sua volta, divina, enorme, minacciando, seduttrice, specchio e proiezione di tutti i fantasmi delle voci umane, si sdoppia e si moltiplica fino alla folla.

Les Chants de l’Amour

Gérard Grisey – Les Chants de l’Amour (1982-84), per 12 voci e nastro magnetico.

La scrittura delle parti affidate ai 12 cantanti è basata non su delle parole, ma su vocali e dittonghi estratti dalla analisi spettrale della frase “I love you”. Vengono inoltre utilizzate alcune interiezioni sonore come sospiri, scoppi di risa o frammenti della stessa frase.

La parte elettronica è stata sintetizzata all’IRCAM mediante il programma “Chant”, la cui caratteristica è di creare delle vocali artificiali molto malleabili che agiscono a tratti da collante, a tratti come elemento complementare o di contrasto rispetto alle voci reali.

Intelligentemente, Grisey utilizza le vocali anche nella maggioranza delle parti cantate, riuscendo così a fondere le voci reali con i materiali generati dal programma.

“Vedo i suoni come fasci di forza orientati nel tempo, infinitamente mobili e fluttuanti”.

La lezione di Stimmung è presente e Grisey la supera, inventando un brano estremamente mobile, con una scrittura a tratti quasi pirotecnica, che unisce i tratti fondamentali dello spettralismo a una notevole forza espressiva.